07-04-2014 - Salve a tutti; negli ultimi giorni si è molto parlato di una sequenza sismica di moderata entità che ha interessato l’area del parco nazionale di Yellowstone, negli USA, nello stato del Wyoming. L’epicentro delle scosse risulta collocato a nordovest dell’area del parco, nei pressi del confine di stato con il Montana (fig.1), in un settore dove sono presenti numerose lineazioni tettoniche connesse alla presenza di una grande caldera vulcanica collocata al di sotto dell’area del parco.
Fig.1
Dalla fig.2, riportata di seguito, si evince come l’area interessata dall’attuale sequenza sismica rientri in un settore, collocato lungo il bordo settentrionale della grande caldera, dove eventi sismici di moderata magnitudo (indicati con la scritta smaller earthquake) costituiscono la normalità, considerando come periodo storico per l’analisi il quarantennio 1973-2002.
Fig.2
Le osservazioni ora riportate, in questa sede, costituiscono una premessa e uno spunto per affrontare la tematica, sempre molto affascinante, dello studio dei cosiddetti supervulcani, di cui Yellowstone rappresenta probabilmente l’esempio più famoso al mondo…
Innanzitutto diamo una definizione più circostanziata al termine supervulcano (termine non scientifico, ma coniato durante un documentario della BBC); secondo Wikipedia, “ci si riferisce a 10-12 grandi caldere presenti sulla superficie terrestre, che arrivano ad avere un diametro di varie decine di km”.
Generalmente, la caldera rappresenta una struttura morfologica depressa derivante dal collasso di un edificio vulcanico dopo lo svuotamento della camera magmatica a seguito di una grande eruzione. Esempi molto didattici sono presenti ad esempio nel Lazio e sono rappresentati dai laghi dei complessi sabatino e laziale (ad esempio Bolsena e Nemi) che altro non sono che enormi “voragini” generate da esplosioni vulcaniche preistoriche…….
Nel caso dei supervulcani il discorso è però diverso; infatti, tali strutture non sono correlabili a nessun edificio vulcanico precedente ed esplicano la loro attività senza la presenza di un classico cono vulcanico ma, viceversa, la loro presenza è spesso evidenziata da una struttura depressa o pianeggiante o addirittura da un grande lago inseriti in genere tra rilievi montuosi che li circondano. Ad esempio, ecco come appare l’area di Yellowstone in una bella giornata soleggiata, un’ampia pianura in mezzo ai rilievi montuosi delle Montagne Rocciose (fig.3)…
Fig.4
Nel complesso delle lievi ondulazioni, in alcuni punti, la presenza dell’enorme caldera viene però tradita dalle famose manifestazioni termali per cui il parco è conosciuto (geyser e fumarole fig.5 e 6).
Fig.5
Fig.6
Ecco invece una restituzione tridimensionale dell’area del parco, che evidenzia bene come la caldera rappresenti un’area depressa tra le varie catene montuose al contorno (fig.7).
Fig.7
In realtà, questo paesaggio idilliaco nasconde una delle più potenti manifestazioni della natura sul globo terrestre, il supervulcano appunto. Per capire come è strutturato un supervulcano occorre analizzare una sezione verticale in profondità tipologica dell’area, come quella riportata di seguito (fig.8).
Fig.8
Come si evince dalla figura, la depressione dov’è collocato il parco non è altro che l’evidenza morfologica in superficie della spinta esercitata dall’enorme cupola magmatica, collocata ad alcuni km (10-14 circa) di profondità all’interno della crosta continentale. Le dimensioni della caldera di Yellostone sono enormi, 55 x 72 km la sezione media.
Ma da cosa è creato un accumulo così smisurato di magma???…… La spiegazione comunemente accettata dalla comunità scientifica è che i supervulcani siano collocati in corrispondenza di alcuni punti caldi della superficie terrestre (hot spots), ovvero punti di risalita di magma direttamente dal mantello terrestre, da centinaia di km di profondità quindi. Facile comprendere come le forze in gioco e i volumi di magma coinvolti siano enormemente maggiori del classico vulcanismo intracrostale (che si svolge cioè all’interno cioè della crosta terrestre, a poche decine di km di profondità), che genera i classici edifici vulcanici che conosciamo.
I terremoti rilevati nei primi giorni di Aprile a Yellowstone sono generati, quindi, da piccoli assestamenti del magma nelle sue numerose diramazioni all’interno della crosta terrestre, responsabili della genesi di strutture di faglia minori al contorno della caldera vulcanica.
Non tutti i punti caldi generano però supervulcani, il vulcanismo basaltico associato alla loro emergenza in superficie è infatti generalmente innocuo, molto fluido e non esplosivo; il classico esempio è rappresentato dalle isole Hawaii, la cui origine viene associata all’afflusso di magma dal mantello attraverso la crosta oceanica nel fondale marino. Il peculiare allineamento delle isole in direzione sudest-nordovest (fig.9) viene associato proprio allo spostamento della crosta oceanica, a causa dei movimenti delle placche, sopra un punto caldo fisso correlato al mantello e rappresenta una delle prove della teoria della tettonica a placche.
Fig.9
L’enorme afflusso di lava ha innalzato il complesso vulcanico più grande al mondo, con i due picchi del Mauna Loa- Mauna Kea, situati nell’isola più a sud, l’unica con vulcani attivi, alti quasi 4200 m, a cui occorre aggiungere altri 5000 m circa che separano le cime dal fondale oceanico, che le rendono le montagne più grandi al mondo, con più di 9000 m di edificio vulcanico. Ecco un bella foto del Mauna Loa, un vulcano a scudo, innevato nonostante la latitudine tropicale (fig.10).
Fig.10
Che differenza c’è quindi, tra il punto caldo di Yellowstone è quello delle Hawaii?? Semplicemente che quello di Yellowstone è situato al si sotto di un continente,con 30 km di crosta continentale a esercitare la funzione di un enorme ed efficiente tappo che impedisce eventi eruttivi regolari e continui. La crosta continentale è, infatti, molto più spessa di quella oceanica (in media 30 km contro 10 km) e, inoltre, durante la risalita il magma basaltico, molto fluido, viene contaminato dalla fusione delle rocce silicee costituenti la crosta continentale. Tale processo rende la lava in risalita molto più viscosa, impedendone un’agevole fuoriuscita in superficie.
Il risultato è che le eruzioni a Yellowstone sono caratterizzate da periodi di ritorno molto lunghi (centinaia di migliaia di anni) con presenza di vulcanismo esplosivo e, soprattutto, di enormi volumi di lava e ceneri immesse nell’atmosfera per singola eruzione. Infatti, la quantità di materiale fuoriuscito nell’ultima grande eruzione circa 600.000 anni fa è infatti spaventosa, tra i 2500 e i 3000 km/3 , una quantità sufficiente a coprire con uno strato spesso 100 m di depositi tutta la Sicilia o, se si preferisce, con uno strato di quasi 10 m tutto il territorio italiano.
Partendo da questi dati, è facile immaginare l’impatto che una eruzione di questo tipo potrebbe avere sull’ambiente circostante e, in virtù degli enormi volumi di materiale emesso, sul clima del pianeta a scala globale. In merito alle caldere di Yellowstone (si tratta in realtà di più strutture ravvicinate), nel corso degli ultimi 17 milioni di anni sono state censite almeno 142 eruzioni, di cui una dozzina da considerare supereruzioni (con volumi di materiale emesso >1000 km/3). Come nel caso delle Hawaii, anche in questo caso l’emergenza delle caldere mostra una deriva, nel caso specifico da sudovest verso nordest (le più antiche sono collocate tra Nevada e Oregon), generata proprio dagli spostamenti della crosta continentale sovrastante il punto caldo. Le diverse eruzioni hanno stravolto la morfologia del paesaggio, creando nuove aree pianeggianti, come lo Snake River Plain, situato ai confini sudoccidentali del parco. Le ceneri sono state inoltre spinte a migliaia di km di distanza all’interno del continente nordamericano. La figura di seguito riportata evidenzia alcune aree interessate da diverse supereruzioni (fig.11).
Fig.11
Per approfondire il discorso legato all’impatto che una superuzione può avere sul clima del pianeta e sulle specie viventi che lo abitano, occorre ricordare che sono presenti altri supervulcani sulla superficie terrestre; a differenza di Yellowstone, gli effetti di altre supereruzioni più recenti sono meglio documentati, in quanto i loro depositi sono stati meno obliterati degli agenti morfogenetici nel tempo. Una delle più famose supereruzioni avvenute in epoche più recenti è sicuramente quella del vulcano Toba, in Indonesia, nell’isola di Sumatra.
L’apparato vulcanico di Toba, circa 75.000 anni fa, ha prodotto la più catastrofica eruzione degli ultimi 500.000 anni; i volumi di materiale emesso sono paragonabili a quelli di Yellowstone, con 2800 km/3 complessivi, suddivisi in 2000 km/3 di ingnimbriti (litoidi) e 800 km/3 di ceneri.
Per capire cosa possa essere successo andiamo a vedere Toba oggi; come nel caso di Yellowstone, la caldera di Toba è una struttura depressa, occupata in questo caso da un grande lago, lungo 75 km e largo circa 30 km, con al centro un rilievo montuoso alto circa 1600 m. Tutta la struttura non è altro che una grande caldera vulcanica, prodotta dalla colossale eruzione 75.000 anni fa. Il fenomeno durò intere settimane e le ceneri emesse si trovano sparse in un raggio di 3000 km, interessando, otre all’isola di Sumatra, anche la Malesia e l’India. Nella regione attorno al vulcano tali ceneri raggiunsero un’altezza superiore ai 400 metri e sedimenti di oltre 4 m sono presenti in molte regioni indiane.
Dalla visione della struttura del lago si comprende come la catastrofe sia stata caratterizzata da una sequenza di eruzioni in serie lungo un allineamento al centro dell’isola di Sumatra
Eccolo una visione panoramica di buona parte dell’isola con il lago al centro (fig.12)
Fig.12
Ed ecco un prospetto di dettaglio del lago oggi (fig.13).
Fig.13
L’eruzione di Toba risulta interessante, oltre che per l’enormità dell’evento, per l’ampia mole di documentazione relativa agli effetti diretti che ha avuto sul clima e sulla popolazione umana. Secondo alcuni studi recenti (università di New York e Illinois), a causa della enorme quantità di polveri e ceneri giunte in atmosfera in seguito al’ eruzione, le cui tracce sono visibili nelle carote di sedimenti prelevate in numerosi luoghi sparsi nei vari continenti, la temperatura media del pianeta potrebbe essersi abbassata di 5° C per alcuni anni e addirittura di 15° C dopo l’evento nei settori circostanti il luogo della eruzione. Una sorta di inverno vulcanico quindi, che avrebbe modificato notevolmente le caratteristiche della vita sulla Terra.
Ma c’è un’altra teoria affascinante legata all’eruzione in esame; occorre ricordare infatti che, a differenza della precedente eruzione di Yellowstone, avvenuta 600.000 fa circa, al tempo dell’evento di Toba l’Homo sapiens sapiens, il nostro progenitore diretto, aveva iniziato a colonizzare la Terra. Quali conseguenze può aver avuto una simile eruzione sulla specie umana???
Una teoria ormai accettata dalla comunità scientifica, da alcuni anni, prevede addirittura che la specie umana abbia rischiato l’estinzione a causa delle mutazioni climatiche innescate dalla supereruzione del vulcano Toba. Gli uomini, secondo tale teoria, sarebbero stati ridotti a poche migliaia di unità. Una delle prove di tale acuta crisi demografica risiederebbe nel fatto che il corredo genetico della specie umana sia estremamente limitato e che, in sostanza, tutta la specie umana si sia evoluta in tempi relativamente recenti da un gruppo molto limitato di individui, ovvero che tutti noi discendiamo dalla cosiddetta “Eva mitocondriale”, una donna, o meglio un gruppo di donne da cui discendono le caratteristiche del DNA di tutti gli individui. La causa di tale “collo di bottiglia” demografico sarebbe direttamente correlata quindi con l’esplosione del vulcano Toba.
Come si vede, le conseguenze di una grande esplosione vulcanica possono essere molto gravi sul clima e sulla vita della Terra; tali eventi sono molto più vicini a noi di quanto si potrebbe pensare. Per quanto riguarda il settore italiano infatti, occorre sicuramente nominare in questa carrellata i Campi Flegrei. Si tratta, com’è noto, di una vasta area di natura vulcanica situata a nord-ovest della città di Napoli. All’interno di tale area è presente, anche in questo caso, una grande caldera in stato di quiescenza, con un diametro di 12–15 km nella parte principale, dove si trovano numerosi crateri, piccoli edifici vulcanici e zone soggette ad un vulcanismo di tipo secondario (fumarole, sorgenti termali, bradisismo…).
Dalla figura di seguito riportata appare chiaro come la morfologia dell’area sia legata allo sprofondamento di una struttura vulcanica (fig.14)
Fig.14
L’ultima colossale eruzione dei Campi Flegrei è datata circa 35.000 anni e ha ricoperto di ceneri una vasta area di circa 10.000 km/2, situata in prevalenza nel settore campano. Il vulcano è attivo e uno dei fenomeni che evidenziano tale attività è il bradisismo (dal greco “sisma lento”) . Si tratta, com’è noto, di movimenti verticali del suolo che hanno provocato, dal 1970 al 1972, un primo episodio di sollevamento di circa 170 centimetri nel porto di Pozzuoli e, dal 1982 al1984, si è verificata una seconda risalita del suolo che portò il sollevamento delle banchine all’altezza di circa 3 metri; dalla fine del 1984 è iniziata una fase discendente. Nel biennio 1982-84 sono stati rilevati circa 10.000 terremoti, di cui qualche centinaio avvertiti anche dalla popolazione.
Dai dati esposti si evince chiaramente come i moderati terremoti avvenuti nel parco di Yellowstone, con cui abbiamo iniziato questa lunga chiacchierata, siano un fatto assolutamente normale al contorno di una grande caldera.
In conclusione, le grandi eruzioni vulcaniche possono condizionare pesantemente il clima sulla Terra e la vita dell’uomo; in particolare, le grandi eruzioni fortemente esplosive riescono a immettere direttamente nella stratosfera una grande quantità di polveri, gas e ceneri che possono esercitare una funzione di “velo” alla radiazione solare. Particolare importanza, in tale contesto, assume la concomitante immissione di grandi quantità di anidride solforosa da cui si forma, attraverso vari passaggi, l’acido solforico che, allo stato di vapore, può permanere in atmosfera anche 2-3 anni, modificando in tal modo la radiazione solare incidente sulla superficie terrestre e, in sostanza, il clima sulla Terra.
Ciao ciao