10-04-2016 - Salve a tutti; in una tranquilla e assolata domenica pomeriggio è possibile affrontare, in questa sede, argomenti di maggior respiro e ampiezza, con evidenti connessioni tra geologia e climatologia, in alcune occasioni già portati avanti da questo sito.
Andiamo subito al cuore dell’argomento: ha suscitato molto scalpore nei giorni scorsi la ricerca condotta da un team di ricercatori dell’Helmholtz Centre Potsdam – GFZ German Research Centre for Geosciences, istituto di ricerca tedesco inerente le Scienze della Terra.
Il nocciolo dell’argomento è il seguente: al di sotto della calotta glaciale groenlandese è stato rilevato un notevole e anomalo scioglimento del ghiaccio alla base della calotta stessa, generato da un’intensa attività geotermale, correlata a sua volta alla probabile presenza di sacche magmatiche a profondità relativamente esigue, immediatamente al di sotto della crosta continentale, nella litosfera. Tale dinamica, com’è noto, può influenzare notevolmente la temperature e, soprattutto, la salinità delle acque superficiali oceaniche del settore oceanico compreso tra Groenlandia, appunto, e Islanda
Ci son molti concetti da chiarire nel periodo appena espresso, vediamo di affrontarli singolarmente.
1) Nelle Scienze della Terra, la teoria della tettonica a placche prevede che in tutto il settore centrale dell’oceano Atlantico sia presente una dorsale montuosa di origine vulcanica, responsabile dell’allontanamento reciproco delle masse continentali americane a ovest, europea e africana a est (fig.1).
fig.1
2) L’Islanda in tale contesto ha una collocazione peculiare, in cui all’attività tettonica da dorsale oceanica si somma la presenza, ormai accertata, di un punto caldo profondo, un settore cioè di grande afflusso di magma dal mantello, a profondità superiori quindi i 70-80 km anche molto di più. Le ragioni menzionate spiegano quindi l’intensa attività vulcanica dell’isola, i cui è visibile (luogo unico al mondo) l’emergenza della dorsale oceanica in superficie, rappresentata da una vera e propria “ferita”, una lacerazione tra due masse rocciose adiacenti situata al centro dell’isola (fig.2).
fig.2
La scoperta dell’equipe tedesca, pubblicata su Nature Geoscience (branca geologica della più famosa rivista scientifica al mondo, Nature appunto), avrebbe quindi stabilito che sotto la crosta groenlandese ci sarebbero evidenze residue dell’attività vulcanica del punto caldo islandese, collocato fino a 35 milioni di anni fa al di sotto proprio della Groenlandia.
3) Tale aspetto non suscita meraviglia, in quanto è noto come la crosta oceanica si muova, proprio grazie alla deriva dei continenti, al di sopra dei punti caldi, considerati immobili in quanto molto più profondi. L’esempio più noto di tale dinamica sono le isole Hawaii, generate dallo scorrimento della crosta oceanica al di sopra del punto caldo Pacifico (fig.3).
fig.3
La grande scoperta dei ricercatori tedeschi è quindi costituita dal fatto che una testimonianza del passaggio della struttura groenlandese al di sopra del punto caldo è ancora visibile in termini attività geotermica, ovvero di un notevole flusso di calore al di sotto della calotta glaciale, generato, ad esempio, da sacche di magma non ancora raffreddato (siamo a decine di km di profondità). La traccia della collocazione probabile del settore di emergenza del calore residuo è in effetti visibile nel cosiddetto Greenland-Scotland ridge, una sorta di dorsale trasversale in Atlantico, generata dagli accumuli delle grandi effusioni laviche islandesi nel loro moto di allontanamento dalla dorsale (fig.4).
fig.4
Quali sono e implicazioni di tale scoperta??
Dal punto di vista geodinamico notevoli, da punto di vista climatico potenzialmente enormi. A molti meteo appassionati è noto infatti, come il settore nordatlantico sia considerato cruciale dal punto di vista della circolazione oceanica globale; è il punto infatti dove arrivano le propaggini della corrente del golfo (denominata appunto nordatlantica) ed è il punto soprattutto, dove tale corrente si inabissa proprio in relazione alla minor salinità delle acque del nordatlantico, fornendo le basi per la partenza del cosiddetto nastro trasportatore Atlantico, un meccanismo che consente il rilascio di enormi quantità di calore nel nordatlantico e che rende conto della mitezza del clima del Regno Unito, Europa occidentale e di parte della Scandinavia, oltre che della stessa Islanda. Tutto il meccanismo del nastro trasportatore si basa però sul delicato equilibrio rappresentato dalla differente salinità (quindi densità) dell’acqua che risale dal golfo del Messico con quella preesistente nel settore nordatlantico. Qualora tale salinità diminuisca considerevolmente, ad esempio proprio a causa dello scioglimento di grandi quantità di ghiaccio nel settore groenlandese, il meccanismo di inabissamento delle calde acque del golfo del Messico avverrebbe più a sud in Atlantico e l’Europa occidentale vedrebbe degli inverni molto più rigidi di quelli attuali, proprio a causa dell’assenza del contributo caldo fornito dalla corrente del Golfo nel suo spingersi a latitudini elevate.
Il punto finale è quindi, quanto può cambiare l’attività geotermica sotto la calotta groenlandese??
Non in maniera parossistica, è bene chiarirlo, si tratta di attività residua, ma in ogni caso sarebbero sufficienti piccole variazioni nelle quantità di acqua dolce immesse nel settore oceanico a sud del’Islanda per avere ripercussioni tangibili nel clima europeo. Seguiremo la vicenda con interesse.
Ciao ciao
Potrebbe essere un buon compromesso a livello globale per tenere a bada lo scioglimento del permafrost e la liberazione di metano…anche se non si capisce bene l’entità del fenomeno e in quanto tempo si potrebbero avere effetti tangibili…
Più che il permafrost le prime evidenze ci sarebbero nel comparto atlantico, poi a scala globale