25-04-2015 - Salve a tutti, approfittiamo della giornata festiva per affrontare un argomento maggiormente inerente la Geologia, sebbene nell’argomento trattato siano presenti alcuni agganci con meteorologia, in uno splendido esempio di interdisclipinarietà dei diversi settori della scienza. Si sta parlando, quindi, della violenta eruzione del vulcano Calbuco, nel Cile meridionale, a est della Città di Valdivia, tornato in attività dopo 42 anni di quiescenza eruttiva.
Le foto e i video dell’eruzione hanno fatto il giro del mondo, davvero spettacolari; si tratta infatti di un’eruzione di tipo esplosivo, con emissione di una imponente colonna di gas e ceneri nell’atmosfera, che si è probabilmente spinta fino a circa 20 km di quota, oltre la tropopausa quindi, in stratosfera, come ben visibile dalla fig.1
fig.1
Ma molte altre sono le foto spettacolari immortalate durante l’eruzione,come questa al tramonto, dove sembra di scorgere una figura umana nella colonna di ceneri (fig.2)
Ecco tutte le altre foto, per chi volesse vederle in sequenza, tra le migliori presenti in rete:
In questa sede, saranno due gli aspetti che verranno sottolineati in relazione all’evento descritto; il primo è rappresentato dalla spettacolare sequenza di fulmini correlati alla formazione della nube vulcanica, mentre il secondo è rappresentato da una breve descrizione riguardante le dinamiche crostali alla base della genesi dei vulcani andini, altrettanto affascinante come narrazione (cercando di non lasciarsi spaventare dai pochi termini prettamente geologici).
Iniziamo dal primo aspetto; la nube vulcanica, al pari delle altre nubi che vediamo tutti i giorni nei cieli, risulta composta, almeno in una sua parte, da vapore acqueo, catturato e spinto rapidamente spinto verso l’alto dalla imponente convezione atmosferica generata dall’eruzione. Al pari dei temporali, in cui è presente aria più calda e umida alle quote inferiori che viene spinta verso l’alto dai moti convettivi legati alla presenza di instabilità atmosferica, nel caso di una potente eruzione vulcanica la fonte di calore, di tutto rispetto, è rappresentata dalla bocca eruttiva, fulcro quindi della instabilità atmosferica in atto (fig.3)
I temporali e le fulminazioni correlate alle grandi eruzioni vulcaniche possono essere anche molto violenti, in virtù della enorme mole di energia in gioco per la convezione, in particolare poi se si tratta di eruzioni freato-magmatiche, in cui viene espulsa una grande quantità di vapore acqueo derivante dalla presenza di acqua di falda nell’edificio vulcanico. Le nubi così formate vengono definite Pirocumuli, ovvero cumuli generati dal fuoco e possono assumere dimensioni variabili a seconda dell’intensità della convezione atmosferica in atto.
Le dinamiche descritte valgono per qualsiasi tipo di esplosione anche quelle indotte in maniera non naturale e suoi effetti ancora più devastanti. Forse non tutti sanno infatti, che la scala Fujita, utile a descrivere l’intensità dei tornado, ha avuto una singolare e tragica nascita, in occasione dello bombardamento atomico di Hiroshima. In quel periodo infatti, nei giorni successivi allo scoppio della bomba, il ricercatore Tetsuya Theodore Fujita si recò sul posto per valutare gli effetti dei numerosi tornado generati dalla enorme convezione atmosferica causata dal fungo atomico responsabile della distruzione della città giapponese. In tal senso, la dinamica della esplosione era stata, di fatto, del tutto simile a quella di una esplosione vulcanica, con un punto centrale, almeno inizialmente, da cui parte il fenomeno (bocca eruttiva e punto di scoppio). Nello specifico, le più grandi esplosioni vulcanica, come quella del Tambora (Indonesia), sviluppano un’energia molto più elevata di quella di una bomba atomica, giungendo a influenzare il clima di tutto il globo.
Ma da cosa nasce l’enorme e spettacolare forza distruttiva di alcune tipologie di vulcano e, in particolare di quelli andini?? Le ragioni della genesi di tali vulcani vanno ricercate nella geodinamica crostale dell’area del Pacifico, legata direttamente alla teoria della tettonica delle placche. Senza entrare in dettagli che esulano dallo scopo del presente editoriale (avremo modo di approfondire in altre occasioni), lungo tutta la costa pacifica del sudamerica è in atto, da milioni di anni, uno scontro tra due zolle (placche) litosferiche, ovvero due strutture rigide ben distinte dirette l’una contro l’altra. Nel caso specifico, la placca pacifica di Nazca, composta da materiali più pesanti (rocce basaltiche) subduce, ovvero finisce “sotto” quella sudamericana, composta da crosta continentale, composta da rocce più leggere (meno dense) e, pertanto, in grado di galleggiare sopra quelle basaltiche (fig.4).
Nella fig.4 è schematizzato proprio lo schema relativo alla fossa di subduzione presente lungo le coste del Cile. Come si vede in figura, la placca oceanica (in grigio) subduce la struttura continentale sudamericana (in giallo). Durante la subduzione, la temperatura delle roccia basaltica aumenta costantemente a causa del gradiente geotermico terrestre (aumento della temperatura con la profondità) fino a che, a una certa profondità, una parte della roccia, composta dai componenti più leggeri e “bassofondenti”, inizia a fondere appunto, creando delle vere e proprie bolle di magma che risalgono verso all’interno della roccia continentale, dove si creano grandi camere magmatiche. A questo punto, l’evoluzione può precipitare, il magma in risalita esercita una continua pressione nelle rocce sovrastanti, fino a generare l’eruzione. Nel caso specifico, la violenza delle eruzioni andine è funzione della viscosità del magma stesso che, nelle rocce della crosta continentale, è piuttosto elevata, In questo modo si creano i presupposti per la genesi di tappi di lava fusa di dimensioni rilevanti nella bocca vulcanica che impediscono all’eruzione di avvenire fino a che la pressione non raggiunge valori elevatissimi.
Ecco spiegata quindi, si spera in maniera comprensibile, sebbene ridotta all’osso, la genesi della catena vulcanica andina e della potenza delle grandi eruzioni vulcaniche. Come si è cercato di descrivere all’interno dell’editoriale, i vari argomenti sono correlati tra loro e hanno tutti in comune il fascino esercitato dai fenomeni atmosferici nei confronti dell’uomo che, purtroppo, a volte è davvero in grado di ricreare processi naturali in eventi che, ci si augura, non accadano mai più. Limitiamoci a osservare quello che la natura ci propone, senza devastarla con le nostre mani.
Ciao ciao
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