06-01-2021 - Salve a tutti; il periodo è propizio alla genesi dei meteo racconti e, in questo editoriale, ci si cimenta con quella che, per molti meteo appassionati, resta nell’immaginario collettivo come una delle ondate di gelo e neve più crude a memoria d’uomo. A differenza di altri periodi particolarmente freddi e nevosi, come il Febbraio 1956 o il 1929, il 1985 è infatti ancora nella memoria diretta di molti appassionati, magari ora non più giovanissimi, ma in grado di ricordare perfettamente molti particolari.
Di particolari, nello specifico, ce ne sono molti da raccontare; andiamo pertanto a descriverli dall’inizio e nel dettaglio, com’è consuetudine del sito.
Qualche utile premessa; l’inverno 1984-1985, a differenza di quanto riportato da alcuni luoghi comuni, non era iniziato affatto male. Nulla di eccezionale nella parte iniziale ma, tuttavia, nel periodo natalizio del 1984 era presente un continuo afflusso freddo dai quadranti nord orientali nelle regioni adriatiche e al sud, un classico di molti anni a seguire, in grado di generare occasionali nevicate a quote basse nelle regioni menzionate.
fig.1
La carta illustrata in fig.1 è riferita al 29 Dicembre 1984; nell’illustrazione è presente un intenso vortice depressionario nell’estremo sud, in grado di generare rovesci e temporali anche di forte intensità nelle regioni ioniche (lo scrivente passava le vacanze natalizie proprio al sud e lo ricorda bene).
Fin qui tutto normale ma, mentre negli strati inferiori atmosferici le cose procedevano come descritto, ai piani superiori si stava già verificando un dinamica peculiare, divenuta ormai celebre tra gli appassionati, riportata come il paradigma dei warming stratosferici. L’ondata di gelo e neve del 1985 è infatti spesso ricordata come uno dei primi casi in cui venne chiaramente distinta (e annunciata) la correlazione tra un intenso warming stratosferico e le successive ripercussioni ai piani inferiori troposferici.
Tutto inizia proprio il giorno di Natale. Alla quota di 10 hPa (30 km), il vortice polare stratosferico è allungato lungo un asse Canada-Siberia (un classico) e in Atlantico, alle medie latitudini si nota la partenza di un warming ancora in embrione.
fig.2
Dopo sole 72 h l’evento mostra già chiaramente la sua consistenza, il warming prende corpo in Atlantico, risale di latitudine, intensificandosi e inizia il processo di bilobazione del VPS.
fig.3
Dopo altre 48 h il warming è conclamato, imponente e, soprattutto, viene associato a un warming speculare dal settore opposto dell’emisfero, nell’artico siberiano, secondo un pattern a due onde (wave 2), con bilobazione da manuale della meteorologia del VPS.
fig.4
Passano altre 24 h, in data 31 Dicembre 1984, il warming prende sempre più piede in Artico, il lobo siberiano subisce una rotazione antioraria (anche questa da manuale meteo) e finisce proprio sulle nostre teste, in Europa!!
fig.5
Da sottolineare, quindi, come tutta la dinamica stratosferica si sia praticamente espletata nell’ultima settimana del 1984 !!
Cosa succedeva , nel frattempo, ai piani inferiori troposferici??
Ebbene abbiamo visto come, in fig.1, gli ultimi giorni del 1984 nelle nostre regioni furono instabili e abbastanza freddi, ma nulla di minimamente paragonabile al terremoto stratosferico descritto.
Tuttavia. già con l’inizio del nuovo anno, le conseguenze iniziano a essere vistose anche in troposfera; alla quota geopotenziale di 500 hPa (5500 m ca) in Atlantico, tra il giorno 1 e 2 Gennaio, l’anticiclone delle Azzorre risale prepotentemente verso nord, andando a collocare un cellula altopressoria tra Islanda e Sbalvard, dove in genere regnano depressioni, forti venti e flusso zonale polare. Al contempo, lungo il lato orientale di tale struttura di blocco, il lobo siberiano del VP (si, proprio lui), inizia ad andare in split (scivolare), verso l’Europa e il Mediterraneo.
fig.7
A partire da 2 Gennaio, le temperature iniziano a scendere in maniera sensibile nelle regioni europee e al nord Italia, un massiccio lobo gelido va a collocarsi a nord delle Alpi, inizia a definirsi l’eccezionalità della configurazione in atto.
fig.8
In data 4 Gennaio, un primo impulso gelido valica le Alpi ed entra nel Mediterraneo centrale, le prime nevicate in pianura si verificano nelle regioni centrali, con lo scrivente in estasi nella città di Sora, Ciociaria.
fig.9
In questa fase, a scala emisferica, pur con le dovute differenze, inizia a diventare evidente la correlazione con il warming stratosferico, con il lobo siberiano in movimento retrogrado verso l’Europa e l’alta pressione in affermazione in Atlantico (blocco).
fig.10
Il processo ormai è avviato, il nucleo di alta pressione, spingendosi verso nord, acquista stabilità e potenza (anche questo da manuale meteo), mentre più a sud, alla radice del blocco, in Atlantico, le perturbazioni dal Labrador trovano spazio per spingersi verso il Mediterraneo.
fig.11
L’apertura di un canale perturbato dall’Atlantico (tunneling) è di fondamentale importanza per la genesi delle nevicate al centro in quanto, anzichè inficiare l’ondata di gelo, fornì il giusto apporto caldo umido per la genesi delle intense nevicate in pianura la notte della Epifania.
In un primo momento infatti, un temporaneo rialzo termico, la mattina del 5 Gennaio, lasciò ipotizzare come terminato l’evento nevoso al centro, ma il meglio doveva ancora arrivare, ovviamente.
Alla sera del 5 Gennaio una nuova perturbazione si avvicina dalla Spagna, ben organizzata, con moto occidentale, sulla scia della corrente a getto; da nord nel frattempo, il nucleo gelido in quota del VP avanza sempre di più verso sud ed entra francamente nel Mediterraneo.
fig.12
Impressionanti i valori termici a 850 hPa (1500 m) in tale frangente; una -15 C entra su tutto il nord Italia, la -10 C al centro, tutto è pronto per uno scontro frontale (proprio il caso di dirlo), con l’aria temperata atlantica in transito al centrosud.
fig.13
E dove avvengono i maggior contrasti nella notte tra 5 e 6 Gennaio del 1985??
Nelle regioni centrali ovviamente, a iniziare dal Lazio e dalla capitale, dove nella notte dell’Epifania una forte nevicata, accompagnata da raffiche di Grecale sostenute, imbianca la città con circa 15 cm di neve.
fig.14
A partire dal 6 Gennaio l’ondata di gelo e neve del 1985 diventa quindi storia, tutte le regioni centrali vengono interessate da nevicate in pianura, quasi 30 cm in Ciociaria a Sora, dove risiedeva lo scrivente, la configurazione barica che si viene a creare è davvero eccezionale, un lobo del VP collocato pienamente nel comparto europeo, in stallo, bloccato ai due lati da due potenti figure anticicloniche.
fig.15
A scala emisferica appare evidente quanto potente sia stata l’azione del blocco Atlantico, innescata a sua volta dal MMW in stratosfera.
fig.16
Ecco Roma in quei giorni, fantastiche le foto di allora nei vari quartieri della capitale.
Ma l’ondata di gelo è appena all’inizio; un altro impulso perturbato, questa volta dal centro Europa, indicato con la sigla B2 in fig.15 è pronto a giungere nel Mediterraneo nei giorni 8 e 9 Gennaio, seguito da una fase eccezionale di gelo in quasi tutte le regioni italiane.
Al termine di questa fase, l’arrivo di correnti meridionali, più calde al centrosud, ma ancora sufficientemente fredde al nord, dove al suolo stazionavano ancora temperature bassissime, diede luogo tra il 13 e il 16 Gennaio a quella che viene definita “la nevicata del secolo”, con un metro di neve caduta a Milano e valori ancora più elevati lungo le città pedemontane.
Ciao ciao