13-12-2014 - Salve a tutti, questa sera viene proposto un editoriale a carattere generale contenente alcune brevi considerazioni in merito alla sorte dell’inverno che ci aspetta. L’analisi parte da un confronto con la stagione invernale passata, particolarmente mite per le regioni italiane, tanto che per molti meteoappassionati rappresenta uno spettro da invocare quando la paura di non vedere la tanto agognate nevicate a bassa quota si fa sempre più forte (da ricordare comunque che in tale occasione a quote medio alte l’innevamento delle regioni alpine ha raggiunto accumuli tra i più elevati degli ultimi decenni). Tutto ciò anche in virtù di quanto osservato finora nei primi giorni del trimestre invernale.
Partiamo da una carta emisferica relativa alla fase centrale dello scorso inverno (fine Gennaio, fig.1)
fig.1
Come si vede nell’illustrazione, nella configurazione a scala emisferica riportata compaiono alcuni aspetti peculiari della stagione invernale passata, ovvero:
1) Forte spinta meridiana dell’anticiclone aleutinico nelle Montagne Rocciose, decentrata rispetto alla sua posizione naturale, generalmente centrata sullo stretto di Bering.
2) Split conseguente del lobo canadese verso le praterie del nordamerica e la costa atlantica orientale, con genesi di uno degli inverni più rigidi degli ultimi decenni
3) Sostanziale assenza della spinta azzorriana in Atlantico e libertà per il flusso atlantico di giungere in Europa, con piogge frequenti nel mediterraneo con clima molto mite
Confrontiamo ora tale carta con quella prevista dall’ultimo run del modello americano per la fine di Dicembre (fig.2).
fig.2
Come si vede, le similitudini con la fig.1 sono evidenti, sebbene le carte non siano identiche, com’è normale che sia.
Aggiungiamo a tale confronto la previsione dell’ outlook (sperimentale), basata sull’indice IZE (Indice di Zonalità Emisferica), aggiornata proprio ieri per l’inverno in corso, reperibile dal sito Climate Monitor.
Un estratto dell’outlook recita, per quanto riguarda l’attività d’onda alle quote stratosferiche “la posizione assunta del centro di massa risulta poco favorevole ad alimentare la seconda onda in maniera sostanziale ed incisiva nei confronti dello stesso vortice polare stratosferico. Contrariamente, come tra l’altro già precedentemente scritto, risulta ben alimentata la prima onda ma la posizione del centro di massa indica un suo più favorevole scivolamento verso l’area canadese.
Chiariamo che stiamo parlando di onde stratosferiche in questo caso (il centro di massa è quello del VPT), ma è palese che un’intensa attività d’onda nel Canada occidentale non può che ripercuotersi nel pungo alle quote inferiori, stimolando ulteriormente la spinta decentrata dell’anticiclone aleutinico, a scapito di quello azzorriano, con le conseguenze descritte in precedenza.
Inverno finito quindi?? Assolutamente no, come già ricordato, il contesto teleconnettivo rispetto allo scorso anno è completamente cambiato; proprio lo stesso outlook IZE evidenzia come il periodo attuale, caratterizzato da AO (Artic Oscillation) positiva, dovrebbe rappresentare l’eccezione nel trimestre invernale, ecco il grafico con l’aggiornamento (fig.3).
fig.3
Come si vede dalla fig.3, il picco dell’AO e quindi della concentrazione del freddo e del getto polare alle alte latitudini dovrebbe essere raggiunto proprio in questi giorni, per poi gradualmente scendere e mantenersi negativo (quindi con elevata probabilità di colate fredde alle medie latitudini), per buona parte del trimestre, fino alla fine del mese di Febbraio. La fase attuale rappresenterebbe un eccezione quindi, per lasciare il posto a un inverno molto più dinamico a partire dalla fine del mese in corso.
Tutto risolto quindi?? Ovviamente no; innanzitutto la previsione può essere errata, sebbene lo scorso anno si sia dimostrata tra le più affidabili, in secondo luogo AO negativa significa sicuramente elevata probabilità di scambi di calore meridiani ma occorre essere anche in fase con la eventuale saccatura; ovvero, le discesa fredda deve giungere da noi e non nel Mar Nero ad esempio, collocato alla medesima latitudine. L’AO infatti è un’indice valido a scala emisferica, non fornisce indicazioni per la singola regione.
Possiamo però provare a investigare ancora, sempre da dilettanti appassionati; come proposto in altri editoriali, proviamo a vedere cosa dice un altro indice (sperimentale) come l’O.P.I. (October Pattern Index). Tale indice infatti fornisce indicazione di massima anche sull’eventuale direttrice dei cavi d’onda di grande ampiezza legate alle fluttuazioni del Vortice Polare. In basi a quanto riportato nel rispettivo outlook sembrerebbe che sussista la possibilità, oltre che dell’avvento di un inverno dinamico a scala emisferica, di avere anomalie negative di geopotenziale alla quota isobarica di 500 hPa proprio nel comparto centrale europeo, premessa favorevole alla genesi di incursioni fredde anche alle latitudini mediterranee.
Di seguito viene proposta un’interpretazione (molto rozza) dello scrivente su quello che potrebbe essere uno dei trend dominanti del bimestre Gennaio-Febbraio. Possibile area di blocco a nord della Scandinavia, senza afflusso diretto gelido nel Mediterraneo, che viceversa alimenta un’area di bassa pressione nell’Europa centrale. Azzorriano non molto vivace, ma occasionalmente in chiusura con il flusso Atlantico e con collegamento con area scandinava. Interazione Atlantico-continetale possibile in numerose occasioni (fig.4).
fig.4
Si tratta di indicazioni assolutamente di massima, da meteoappassionato, senza alcuna pretesa, ma che potranno essere confrontate con quanto avverrà.
Da quanto riportato, l’inverno diverrebbe piuttosto freddo e nevoso al centronord, raramente con nevicate in pianura però. In occasione delle chiusure dell’azzorriano il ponte con l’anticiclone scandinavo potrebbe generare puntate fredde anche nelle regioni meridionali, interrotte abbastanza rapidamente dal nuovo sopraggiungere dell’interazione Atlantica.
Vedremo come andrà, intanto al prossimo aggiornamento
Ciao ciao